È un esame che utilizza una macchina a campi magnetici, simile a un’enorme calamita, che non comporta alcun rischio alla salute. L’apparecchiatura si presenta come un lungo tubo, di circa 2 metri, nel quale la paziente viene fatta coricare prona, con il seno appoggiato in due grosse coppe, dette bobine e con le mani sotto il capo o lungo i fianchi, in posizione confortevole.
Caratteristica principale di questa tecnica è l’elevata sensibilità, ovvero la capacità di identificare il tumore maligno, anche in casi in cui mammografia ed ecografia non sono in grado di riconoscerlo. È un esame comunque complementare alle tradizionali mammografia ed ecografia, spesso in grado di risolverne i limiti, ma assolutamente non in grado di sostituirli poiché può dare false informazioni che, se non integrate, possono generare errori nella diagnosi.
A cosa serve?
Le donne a elevato rischio di tumore mammario, le donne con diagnosi di tumore in atto e le donne già operate sono le prime a cui viene consigliato di sottoporsi a Risonanza Magnetica (RM). Sono comunque numerose le indicazioni a questo esame.
Bisogna tenere comunque presente che la RM non è in grado di diagnosticare o escludere l’infiltrazione minima dei linfonodi ascellari da parte delle cellule tumorali, non è quindi un esame indicato per questo tipo di valutazione.
In caso di lesione visibile solo alla RM è possibile, grazie a speciali centratori, procedere a prelievi citologici o microistologici (biopsia) guidando l’ago nella lesione con RM, ovvero controllandone il decorso e il posizionamento attraverso le immagini. Con la stessa procedura si posizionano i reperi che consentono al chirurgo di rimuovere il tumore, pur non vedendolo e non palpandolo.
Come si esegue?
L’esame dura in media una decina di minuti, ma può durare anche mezz’ora in caso di valutazione di protesi mammarie. Per la buona riuscita dell’esame è condizione fondamentale che la donna rimanga assolutamente immobile. Sono necessarie infatti numerose immagini che, una volta acquisite, dovranno essere sovrapposte tra loro per l’elaborazione al computer. L’esame non comporta alcun dolore, l’unico fastidio è dato dal rumore, ma basta un poco di cotone nelle orecchie per alleviarlo.
La risonanza magnetica prevede sempre lo studio contemporaneo di entrambe le mammelle, in tutto il loro volume. Poiché completa gli esami tradizionali eseguiti, è fondamentale che la donna si rechi a fare l’esame con tutta la documentazione senologica in suo possesso, in particolare mammografia ed ecografia.
Per valutare la mammella è d’obbligo l’utilizzo di mezzo di contrastoparamagnetico, che viene iniettato in una vena del braccio durante l’esame. Senza l’utilizzo del mezzo di contrasto non è possibile distinguere aree di mammella malata da quelle sane e tumori maligni da quelli benigni. Questo mezzo di contrasto è molto diverso da quello utilizzato per la TAC o l’urografia e solitamente non crea alcun problema. Non occorre pertanto alcun esame del sangue per poter accedere all’esame, ma solo digiuno da circa 6 ore.
Le lesioni mammarie, specie quelle maligne, sono caratterizzate da un incremento della vascolarizzazione, ovvero da un aumento di arterie e vene (quello che viene definito effetto angiogenetico) le cui pareti sono più permeabili rispetto alla norma e lasciano quindi passare il mezzo di contrasto iniettato consentendo di vedere la lesione. La velocità, la durata e l’intensità con cui il mezzo di contrasto visualizza la lesione rappresentano elementi fondamentali per definire se la lesione è benigna o maligna ed è per questo che si acquisiscono almeno sei immagini consecutive in fasi differenti dell’esame.
Alcune situazioni ‘normali’ possono tuttavia comportare un aumento locale della vascolarizzazione che può creare seri problemi interpretativi, sospettando un tumore maligno che in realtà non esiste. Questo avviene in caso di processi infiammatori (mastite, ascesso) e in periodi d’elevata stimolazione ormonale (fisiologica in donne giovani), in particolari fasi del ciclo mestruale o in caso di terapia ormonale a causa dei farmaci assunti. Per questo motivo l’esame deve essere eseguito nella seconda o terza settimana dall’inizio del ciclo o dopo sospensione di terapia ormonale sostitutiva.
Ci sono delle controindicazioni?
Non è possibile eseguire questo esame in caso di:
- presenza di pacemaker;
- presenza di protesi metalliche ferrose;
- claustrofobia.
Principali indicazioni all’esame di RM
Screening in giovani donne con rischio genetico o elevato rischio familiare per tumore mammario.
Lo studio mammografico è spesso ostacolato dalla consistenza della mammella; il rischio biologico è maggiore rispetto a quello delle donne sopra i 40 anni di età (rischio nullo).
Ricerca di tumore primitivo in caso di metastasi di origine ignota, a probabile sede mammaria, con esame clinico del seno, mammografia ed ecografia normali.
La risonanza magnetica ha identificato tumori ignoti circa nel 40% di questi casi, consentendo alle donne di sottoporsi ad adeguato intervento chirurgico e risolvendo il dramma psicologico di essere affette da metastasi originate da un tumore introvabile.
Stadiazione locale di tumori maligni già diagnosticati con tecniche tradizionali.
Numerosi studi hanno dimostrato che questo esame è migliore nel definire le dimensioni del tumore; è in grado di riconoscere, meglio di mammografia ed ecografia, la presenza di altri tumori presenti in contemporanea. Quando il tumore è di grosse dimensioni, la RM è l’unico esame che consente di definirlo con esattezza, permettendo di valutare se esiste infiltrazione dei muscoli della parete toracica.
Controllo della risposta del tumore mammario alla chemioterapia neoadiuvante.
Quando il tumore è superiore a 2,5/3 cm si può cercare di ridurne le dimensioni con la chemioterapia, al fine di poter poi procedere ad un intervento chirurgico conservativo (asportazione di una regione mammaria circoscritta, anziché di tutta la mammella). Dopo questo trattamento con le tecniche tradizionali è difficile distinguere il tumore vitale residuo da quello distrutto dalla terapia. La RM riesce a distinguere i due componenti, visualizzando solo la parte vitale residua che ha un abbondante afflusso di sangue. Essendo quindi in grado di definire correttamente quale è stato il risultato della chemioterapia sul tumore, consente di sapere se il farmaco utilizzato funziona in quel caso e fornisce precise informazioni per definire l’intervento chirurgico più adeguato.
Valutazione di donne operate al seno, quando mammografia ed ecografia non sono in grado di differenziare la cicatrice dalla recidiva di tumore.
La recidiva è molto vascolarizzata (notevole afflusso di sangue), quindi visualizzabile con RM; la cicatrice non è vascolarizzata e non si impregna di mezzo di contrasto, in questo modo diventa più facile differenziare i due tessuti.
Studio di mammelle con protesi.
Quando le tecniche tradizionali non sono in grado di visualizzare tutta la mammella, oppure in caso di sospetto di complicanza all’impianto protesico (ispessimento capsula fibrotica, ematoma) o in caso di rottura della protesi stessa, si ricorre alla RM.
Disaccordo tra le immagini della mammografia, quelle dell’ecografia e l’esame clinico.
In questo caso può essere indicata la RM. Quando a un esame c’è sospetto di tumore, non confermato dagli altri esami, può essere giustificato l’utilizzo della RM per risolvere il dubbio.
Articolo a cura del Dr. Sergio Remedi